Uno dei temi ricorrenti dell’albero sta diventando la folgorazione del primo incontro con quello che diventerà il nostro artista del cuore. Qui Alberto Fiori racconta il suo colpo di fulmine per Peter Gabriel.
Ricordo perfettamente ogni particolare di quel giorno, era il 28 settembre del 1992. La campanella aveva da poco suonato; frequentavo l’ultimo anno, mi sarei diplomato e almeno a livello didattico potevo andare in giro asserendo di essermi maturato.
Passavo tutti i giorni davanti a quella vetrina per tornare a casa, conoscevo a memoria i dischi esposti; l’insegna poi non lasciava dubbi: ROCKSET.
Quel mese, oltre gli ultimi lavori di Prince, Michael Jackson e Madonna, c’era il nuovo dei Faith No More, quello degli Iron Maiden e la locandina di un disco di prossima uscita per cui già stavo racimolando i soldi da un po’ di tempo: «Automatic for the people» dei REM si preannunciava memorabile. Ci misi un secondo a rimettere in discussione i miei prossimi intenti.
Sembravo essere tornato al tempo in cui rimanevo estasiato davanti alle vetrine di Giocattolandia, dove il pupazzo di Goldrake sembrava dirmi: «Comprami Alberto, sei tu il mio Actarus»; dal negozio di dischi fuoriusciva una musica meravigliosa che mi inchiodò davanti all’entrata:
«The wretched desert takes its form
The jackal proud and tight
In search of you I feel my way
Through slowest heaving night…»
Entrai senza accorgermi di averne varcato quella soglia, il proprietario abbassò il manopolone dell’amplificatore e mi chiese cosa desiderassi. Con lo sguardo cercavo di capire quale disco stesse girando sul piatto.
«Bello eh? È il nuovo di Peter Gabriel, s’intitola US, da stamattina non faccio altro che ascoltarlo. Quella che senti s’intitola: Come Talk to me».
Gli risposi che sarei ritornato dopo pochi minuti. Salii a casa con la fretta che avrebbe avuto qualcuno a cui stava per scoppiare la vescica. Sarà stata la voce decisa con la quale le chiesi di prestarmi ventimila lire che indusse probabilmente mia madre a mettere mano al portafogli, senza chiedermi a cosa mi sarebbero servite.
Dopo circa venti minuti, assicuratomi la reliquia e aprendo la confezione con precisione chirurgica, posizionai la puntina sul solco diffondendo per la casa una musica che avrebbe cambiato le prospettive della mia umile esistenza. Vidi mia madre, mentre stirava in corridoio, rapita da quell’atmosfera e forse compiaciuta nell’aver investito quella cifra.
Raggiungere Marte usando un monopattino sarebbe stato più fattibile, così malgrado fossi ancora un adolescente con tutte le carte in regola per potermi lanciare in chissà quale sogno, mi arresi fin da subito alle mie smanie di emulazione. Col senno di poi posso asserire che fu quello il giorno in cui migliorai. Che un disco possa maturarti come essere umano potrà sembrare qualcosa di esagerato, ma Us non fece altro che delineare in me i traguardi da seguire. Si conclamò l’idea già paventata di diventare un musicista nella vita, di poter regalare prima a me stesso e poi al mio eventuale pubblico, almeno un millesimo delle sensazioni che quel disco mi dava a ogni ascolto.
Quante volte ci troviamo davanti ragazzi che non hanno ambizioni, punti di riferimento, un sogno nella vita? Io avevo trovato tutte le mie risposte e non mi rimaneva altro che mettermi a studiare.
Ogni tanto mi ricapita di rimettere giù la puntina per farlo girare ancora una volta e puntualmente sento le canzoni entrarmi sotto pelle, come se sapessero già quale sia la strada per arrivare al cuore. Rockset ha chiuso da tempo, al suo posto un negozio di infissi; a pensarci bene non c’è poi molta differenza tra le due cose, anche prima c’erano porte e finestre che si sarebbero aperte al mondo.
Alberto Fiori

Ha fondato due band (“C15” e “Melatti”) componendo canzoni ha imparato l’arte del racconto. Quando scrive tiene il tempo con il piede.
“Scrittista-Musitore” è la definizione che più gli si addice perché per lui non c’è distanza tra la chiave di violino e quella di lettura.
Nel 2016 scrive “Il Capitolo che non c’era di Pinocchio” (Ed. Ifix), i suoi racconti vengono pubblicati da Rai Eri e l’Erudita.
Nel 2019 esce per L’Erudita di Giulio Perrone Editore con una raccolta dal titolo «Scrivo racconti perchè l’attenzione scema» in cui l’autore dà vita al suo mondo di storie assurde e dai finali imprevedibili. Da questo libro prende vita il podcast «Racconti a tempo», in cui le musiche elettroniche composte in esclusiva per queste storie, vanno a miscelarsi al narrato, dando vita a un’esperienza sonoro-letteraria innovativa.
Nel 2021 è prevista l’uscita del suo sito internet, uno spazio interattivo in cui racconti e musiche trasporteranno il visitatore nel mondo dell’autore.
Sta lavorando al suo prossimo romanzo.