Us and them, come una canzone dei Pink Floyd. Noi e loro, come un padre e una figlia da un lato, e dall’altro una delle band più emozionanti della storia. Un fitto gioco di specchi, un raggio di luce che si scompone in fasci colorati, come attraverso un prisma ottico o fra le sfaccettature di un diamante chiamato Syd.
Waters resiste e continua a far parlare di sé per via delle sue battaglie politiche, che sarebbe più opportuno definire UMANE, già, perché Roger Waters è uno di noi, che si batte per un mondo migliore: è bassista e compositore, nonché l’anima e il cuore dei Pink Floyd. Sì, se cantiamo e battiamo i piedi sulle note di “ Another Brick InThe Wall”, lo dobbiamo a lui.
Ora però prima di farvi entrare al Forum Mediolanum di Assago per raccontarvi del concerto “Us and Them” di Waters dell’aprile 2018, voglio fare un passo a ritroso con voi, perché io, prima di vedere Roger sul palco ho conosciuto Syd.
Chi è Syd?
Syd è mio padre.
Così ama firmarsi e chiamarsi da più di quarant’anni e passa, ed è da trenta che così io lo chiamo.
Lui, il mio Syd Marzano, mi ha fatto innamorare dei Pink Floyd; quel soprannome prende vita da Syd Barrett, il primo vero frontman del gruppo.
Io l’ho conosciuto negli anni ‘90, il mio Syd “Barrett”: un uomo giovane che vedevo saltuariamente e che ahimè di quel periodo ricordo poco, ma quello che mi ha lasciato è l’amore per la musica, soprattutto per quella dei Pink Floyd; lui si appoggiava la sua chitarra sulle gambe e, con un inglese maccheronico, mi cantava le loro canzoni che io, giovanissima, riuscivo a indovinare con una nota.
All’età di dieci anni mi azzardai a chiedergli di comprarmi la cassetta delle “Spice Girls”, vi lascio immaginare il commento negativo del mio Syd. Ricordo ancora come se fosse oggi quel momento, mi arrabbiai e feci il muso e lui mi propinò per tutto il giorno i Pink Floyd; ora dopo vent’anni lo devo ringraziare, perché quando ascolto “The Great Gig In The Sky”, mi vengono i brividi. Tutto si ferma, chiudo gli occhi, e mi ritrovo sul punto di piangere. E alla fine piango.
Questa mia tramandata passione pinkfloydiana è ben visibile sul mio avambraccio sinistro: due triangoli e un arcobaleno, la copertina più famosa, più posterizzata, emulata, e più tatuata del gruppo. Una spanna d’inchiostro, che vedo e tocco ogni giorno: il mio lato oscuro che si sprigiona in un caleidoscopio di luci e colori.
Arti inferiori e superiori impazziscono sulle note di “Another Brick In The Wall” già dall’intro del rombo dell’aereo, adesso come anni fa, quando battevo i miei piedini scalzi e le manine a ritmo, pronunciando le parole in modo storpiato per cantare insieme ai miei coetanei presenti nella canzone. Negli anni sono cresciuta diventando un’adolescente e iniziando a studiare i testi della band, traducendoli dall’inglese, dando così il giusto peso e significato a quelle parole, che ora non storpio più; crebbe dunque in me una coscienza volta alla resistenza che ora si è intensificata e che ogni giorno alimento e mai farò morire.
Cadono muri intrisi di violenza, gli animali si trasformano in politici corrotti e il denaro assume una propria vita diventando potere.
Divento così una donna che nel 2018, a ventott’anni e mezzo, vive il regalo più bello della sua vita fino a quel momento, perché il mio sogno è diventato realtà: vedere con mio padre il concerto di Roger Waters.
L’acquisto dei biglietti è stata un’epopea ma alla fine, il 17 aprile del 2018 io e il mio Syd siamo seduti sul treno in direzione Milano.
Un concerto pieno e vivo di emozioni positive, di momenti ricchi di ricordi e sensazioni che fatico a descrivere, perché la scrittura dei sentimenti è un’arte e lascio che siano le canzoni dei Pink Floyd a farvi provare quelle commozioni che io ho sentito quella sera e che continuo a provare ogni volta che li ascolto.
Quel 17 aprile 2018 che io e il mio Syd abbiamo vissuto; ecco, quel giorno ha ricompensato tutti gli anni che abbiamo passato distanti e che ancora stiamo affrontando separatamente.
Nel bel mezzo del concerto dietro a Roger Waters compare una scritta bianca su sfondo nero: RESIST. Ed io non resisto, mi alzo dal seggiolino e con la fotocamera in mano immortalo quella scritta.
Io, resisto
Syd, resiste
I Pink Floyd resistono e io continuerò a sentirmi forte finché le mie orecchie potranno alimentarsi del loro suono.
Subito dopo il concerto, in una corsa a perdifiato, dando gomitate ai passanti e schiavandone altri, io e mio padre corriamo fino alla metro di Assago, facendo così ritorno alla stazione di Milano. Io e lui restiamo per tutta la notte in quella città a noi sconosciuta, seduti su marciapiedi freddi, grigi e sporchi; a fumare, a mangiare e a bere, ad assaporare l’odore della notte, il silenzio, i nostri respiri e le nostre parole sotto quel cielo milanese che assiste al consolidamento della nostra unione: l’orgoglio di mio padre per aver trasmesso a me, sua unica figlia-erede, la cosa più importante e indescrivibile e cioè l’amore per la musica; l’orgoglio mio, da figlia, per aver ricevuto da lui questa meravigliosa passione per i Pink Floyd.
Alle quattro del mattino del 18 aprile 2018 ritorniamo dentro la stazione di Milano, guardiamo i cartelloni delle partenze, a noi interessa il primo treno diretto a Roma. Paghiamo una cifra esagerata, a tal punto da ritrovarci tra le mani e nei portafogli pochi euro, a noi non interessa perché abbiamo i biglietti e i sederi ben piantati sui sedili comodi del treno Italo. Stiamo andando a Roma “solo” per… per vedere la mostra dedicata ai Pink Floyd “The Pink Floyd Exibithion” al MACRO- Museo d’Arte Contemporanea.
E︠ la prima volta che entro in un museo con mio padre, che, con gli occhi lucidi si lascia trasportare da ogni oggetto presente in quelle stanze; lo perdo di vista perché finisco il giro prima di lui, poi lo vedo mentre ritorno dalla toilette e quello che i miei occhi guardano in quel momento è un uomo felice che brilla come un diamante pazzo sotto il cielo romano.
Due giorni, due notti, 48 ore insieme, il nostro primo concerto, diversi treni e stazioni, due città e la nostra prima volta a una mostra: io e Syd, un’unica anima pinkloydiana.
Us and Them= noi e loro.
Vanessa Marzano

Nata a Torino nel 1989 ha seguito un percorso di writing coach con Alessandra Minervini. Il peso delle ragazze è il suo romanzo d’esordio. Porta sulla pelle una decina di tatuaggi e dichiara: La mia bellezza si sprigiona anche lì in quell’accozzaglia di colori e disegni, alcuni portano un significato profondo altri portano con se solo l’estetica.
