Gocce di pioggia

Stefania Zolotti racconta Vinicio Capossela. Ma forse no. Alla fine scopriamo che, come tutti i grandi cantautori, è Capossela a raccontare lei.

Davanti alle gocce d’acqua cadute poco fa ho pensato al Capossela originario, a questo suo primo disco del ’90 che si chiamava “All’una e trentacinque circa” e che mise giù le basi di tutti i Capossela che gli sarebbero usciti fuori negli anni.

Il suo disco più limpido perché ciò che siamo in origine non ha rivali, e perché passiamo poi una vita intera a fare fotocopie di noi stessi senza sapere chi siamo fino in fondo perché non l’abbiamo mai accettato.

Questo pezzo mi stregò all’istante: c’era la pioggia, c’era il bandoneon, c’era la malinconia, c’era l’amore. Con queste quattro cose potrei camparci.

Ascoltai Capossela dal vivo per la prima volta nel 2004, l’estate dei miei trent’anni, lavoravo nella segreteria del Sindaco del Comune che lo aveva invitato. Nel corpo e nella voce aveva già le crepe che me lo fanno amare.

Il caldo teneva banco quella sera. Andammo a cena con lui che saremmo stati in cinque o sei.

Il tavolo era stretto, ce l’avevo di fronte.

Accanto a lui una mia collega bellissima, tutte le sfumature del nero, corvina che ricordava un qualche bestiario che lui stesso ancora canta.

Lei distillava seduzione e ingenuità a ogni gesto, a ogni sillaba si fermava la sala; di lui ricordo il suo parlare pur essendo altrove e soprattutto ricordo gli occhi bassi. Mi chiese se amavo le processioni, certo che sì, come si fa a non amare le persone quando camminano insieme in strada come un fiume appeso tra sacro e profano.

Era rimasto folgorato da ragazzo vedendo quella di Santa Rosalia a Palermo, io gli risposi che lo capivo bene e che in mezzo a quel rito impazzito di canti e di madonne ci ero rimasta imbottigliata con la moto di un ex fidanzato mentre correvamo verso l’imbarco dei traghetti sperando di riuscire a passare per la friggitoria più buona della città e fare scorta di arancini.

Si mise a ridere, con gli occhi sempre a sud.

La mia storia d’amore proprio da quella processione in poi invece non mi fece più ridere e cominciò a chiedere il conto senza che me ne accorgessi subito. Scivolava, andava via, “gocce di pioggia, bufere d’amore, ogni cosa passa e lascia”.

Stefania Zolotti

Direttrice di SenzaFiltro dal primo numero, nel 2015, e co-ideatrice del progetto editoriale. Giornalista con il debole per le relazioni e le persone. Studiosa e appassionata di geografie umane e di paesi, dal 2022 è membro del Consiglio Direttivo della Casa della Paesologia fondata da Franco Arminio a Bisaccia (AV), in Irpinia. Con la laurea in giurisprudenza non ha mai intrapreso le classiche strade: l’unico ufficio legale in cui ha lavorato è stato quello di Altroconsumo a Milano dal 2001 al 2003. Dal 2008 al 2017 Responsabile della Comunicazione e Segretaria di direzione per una grande azienda pubblica del settore ambiente dove ha sviluppato progetti di green marketing ed educazione sostenibile. Dal 2012 contribuisce a creare e coordinare progetti per la business community FiordiRisorse, che è anche l’Associazione editrice di SenzaFiltro. Autrice del libro “Ti fai male” (2020), romanzo generazionale. Ha lavorato per 20 anni come giornalista nel campo del vino e del cibo collaborando con le principali testate nazionali e pubblicando due libri: “Vino a doppio senso. Guida ironica per uomini e donne” (Gabrio Marinelli Editore, 2006) e “Il Bicchiere mezzo pieno. Liberarsi dagli esperti è il primo passo per bere bene” (Le Lettere, 2020).

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